martedì 31 maggio 2011

Orwell, la fattoria degli animali e gli asini erranti ad Assoro

di Rosa Salamone  

In un'ipotetica hit parade dei luoghi più antichi del passato, Assoro batterebbe tutti, anche Roma. C'è un detto assorino che sottolinea la vetustà di questo centro, abitato da uomini primitivi autoctoni, e che laconicamente recita: "Asaru prima e Roma secunnu" (Assoro prima e Roma seconda).

Assoro, dove oggi noi lettori erranti ci incontriamo, vanta non solo questo primato, ma una storia importante di stato indipendente con proprie leggi e monete, proprio culto e calendario.
Fu a fianco di Siracusa nella lotta contro i Cartaginesi; contro il pretore romano Verre, che voleva impossessarsi della statua del dio Chrysas; a braccia aperte accolse il normanno Conte Ruggero; sotto il controllo della Famiglia Valguarnera; ricca di chiese e zolfare.
Di questo passato poco rimane e il paese se ne sta come un re che ha smesso vesti regali e se ne va in giro dismesso e sciatto.
Il luogo dell'appuntamento per parlare di Orwell e la sua fattoria è il sagrato della Chiesa degli Angeli, un'altura di pietra, a tratti offesa da qualche casa che vorrebbe primeggiare in altezza, invano, intorno domina una vastità di cielo e luci di paesi lontani che fa aquila lo sguardo.
Pascià raglia la sua e nostra canzone, u sciccareddu, segnando l'inizio dell'incontro. Dopo, tra noi a sedere in circolo, l'ascolto e il silenzio e un baratto continuo di opinioni, libri, poesie, idee: il libro del riso e dell'oblio di kundera, La bella utopia di Moni Ovadia, Arcipelgo gulag di Solzenicyn, Lo stile dell'anatra di Raffaele la Capria, Se questo è un uomo di Primo Levi, Il Decalogo di Kieslowski, Gomorra di Saviano.
Sembra un elenco casuale di titoli e autori, ma c'è un filo rosso che li unisce ed è il libro di Orwell e le connessioni
sul e intorno al libro stesso che nel dialogo inevitabilmente si innescano.
Nel baratto rimbalza anche una domanda, accompagnata da un bicchiere di vino rosso che zittisce il vento: "A quale animale della fattoria ti senti più vicino?". Tanto banale è la domanda, quanto acute invece sono le risposte che rivelano la personalità di ciascuno: dal'idealismo di Salvatore che si immagina gallina, al realismo di Filippo che si dice asino, ad Antonio che si vede come il cavallo, all'impossibilità di identificarsi in un animale di Carolina, Paolo e Rosa in questa favola nera, senza luce e catarsi.
La conclusione dell'incontro è un susseguirsi di sorprese che hanno come tema l'asino e come autore Paolo, lettore errante, che dalla maglietta, alla sedia, dalla bottiglia d'acqua, al dolce al cioccolato ha realizzato dei veri e propri gadget con il logo dell'isoladegliasini.
Si ride, beve, mangia infine, asini affratellati dalla lettura, affamati data l'ora, infreddoliti essendo finito l'effetto calore del bicchiere di vino. E si va via lasciandoci alle spalle cotanto cielo mentre resta tra le pieghe dei pensieri la regalità antica del luogo e dell'incontro che ci ha fatto uscire dall'autismo corale, come lo chiama Franco Arminio, dalla chiusura fisica e mentale
dei nostri paesi e dei suoi abitanti per entrare nella coralità del dialogo.
Segnala

2 commenti:

Paolo Sottile ha detto...

Finalmente sgomitando non poco, son riuscito a far evadere dalla massa pullulanti di ragli, quello mio. Ad un tratto, mi sveglio, mi do un pizzicotto, per testare la mia lucidità, e mi accorgo che si trattava solo di un bel sogno.
Purtroppo, la triste realtà, ancora una volta mi prospetta dinanzi un bellissimo post, che giace soave, come un gatto morto in una strada di campagna, dove non passano quelli della nettezza a portar via la sua carogna, ma ci penseranno bensì, gli avvoltoi a portare a termine questo naturalissimo compito.
Ed è così, che come un avvoltoio, mi lancio entusiasta di portare a termine la mia missione, sull’ennesima carogna, offritami su un piatto d’argento.
Piuttosto che sentire il sottofondo delle masse pullulanti riesco a sentire solamente l’Eco (non l’Umberto, del quale non ho ancora avuto il piacere di leggere i famosissimi “Il nome della rosa” ed “Il cimitero di Praga”, bensì la ninfa punita da Giunone, alla quale fu tolta l’uso della parola e condannata a dover ripetere solo le ultime parole che le venivano rivolte e che udiva) del mio anacoretico commento.
Non posso non fare i miei doverosi e sinceri complimenti a Rosa, la quale ancora una volta come un’affermata reporter ha saputo riassumere tre ore di piacevolissima conversazione e baratto (per usare un suo termine) di beni immateriali (ma che ci arricchiscono più di quelli materiali, ai quali aimè forse lasciamo fin troppo spazio) in una manciata di righe piacevolmente arabescate.
Fin’ora nessun altro membro, ha dato prova di partorire un post con la stessa naturalezza e disinvoltura (paragonabile a quella assunta dalle galline per deporre le uova o dalle pecore, mucche, asini e cavalli per brucare l’erba. Giusto per rimanere in tema di fattoria).
Riguardo il libro, non mi va di spendere parole che non abbia già speso all’incontro, anche perché penso che i libri scelti di volta in volta non consistono nel fine ultimo del gruppo, ma tuttavia ad un semplice mezzo che faccia da spunto e nello stesso tempo da traino (tipo la batteria dell’auto serve all’accensione del mezzo e ad alimentare alcune sue componenti, non di certo a condurre i passeggeri a destinazione) per la nostra (spero) lunga erranza fisica, ma soprattutto intellettuale.
Ioooooooooooooooooooooohhh!!! (non in termine di pronome personale ma come suono onomatopeico del raglio).

Salvatore D'Agostino ha detto...

Paolo,
sensazioni condivise.
Aspetto le tue nuove invenzioni.
Saluti,
Salvatore

Articoli inerenti